Un voto antitedesco


Un voto antitedesco. È questa una delle chiavi interpretative del risultato delle elezioni politiche italiane. In tedesco si dice “Deutschenfeindlichkeit”, potremmo tradurlo con: Ostilità verso i tedeschi. A risultato elettorale acquisito è opportuno fare una riflessione su questo dato senza che si debba essere accusati di partigianeria politica.  

La campagna elettorale italiana ha visto un “intruso” d’eccezione: Angela Merkel. La Cancelliera è sempre stata sullo sfondo del dibattito politico italiano. Le accuse aperte di Silvio Berlusconi sono state un leit-motiv costante della campagna elettorale. Anche Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle chiudeva i suoi comizi-show con urla liberatorie contro la Cancelliera.


In Italia esiste un generale sentimento di ostilità nei confronti della Germania e di Angela Merkel che, a torto o a ragione, è stato spesso cavalcato dai politici italiani e che si è concretizzato in un voto antitedesco alle ultime elezioni. I consensi al Popolo della Libertà e al Movimento 5 Stelle lo dimostrano.

Questa ostilità verso la Germania è figlia della politica di austerità imposta da Berlino al nostro paese e di cui Mario Monti, uscito molto ridimensionato dalle urne, ne era il principale avamposto. Negli ultimi anni il governo Merkel ha preteso dai cugini del Sud-Europa disciplina di bilancio, regole e controlli più rigorosi. L’austerità, tuttavia, ha messo in ginocchio la nostra economia insieme a quella di Spagna, Grecia e Portogallo. La disoccupazione giovanile continua a crescere inesorabilmente e un’intera generazione decide di trasferirsi, ironia della sorte, dal Portogallo, dalla Spagna, dalla Grecia e, in minor entità, dall’Italia proprio in Germania, in particolare a Berlino. Proprio nell’ultimo numero del settimanale tedesco Der Spiegel si analizza con attenzione questo fenomeno sociale.

La questione, insomma, è seria. La classe dirigente tedesca e numerosi opinionisti tedeschi sembrano non averlo capito del tutto. In Germania le analisi sono molto superficiali. “Governano populismo, urla e menzogne”, commentava la Süddeutsche Zeitung. “Trionfo dei pupulisti” secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung. “Non Berlusconi, ma gli italiani sono il problema”, titolava la Welt. A questo si aggiungano le maldestre quanto inopportune dichiarazioni di Peer Steinbrück, il candidato socialdemocratico al Cancellierato: “Sono sconvolto che abbiano vinto due Clown”.

La Germania continua a non capire. Ad ignorare il problema che sta crescendo sempre di più nei paesi del Mediterraneo: il collasso sociale. Dopo Francia e Grecia, anche in Italia vincono quelli che rifiutano la politica di austerità. Cresce l’ostilità verso la Germania, ma si fa finta di niente.

Non sono tra coloro che ritengono la politica di austerità, di per sé, un male. Ad un paese disordinato, caotico e spendaccione come l’Italia, un po’ di ordine e rigore di stampo nordico possono solo fare bene. Resto convinto che la Germania sia la soluzione non il problema. Una Germania forte e guida dell’Europa è un vantaggio per tutti. Diceva Thomas Mann, il più grande scrittore tedesco del Novecento: Non vogliamo un’Europa tedesca, piuttosto una Germania europea. Ancora oggi è questo lo spirito di fondo del popolo tedesco. Ma la classe dirigente tedesca ha l’obbligo di rendersi conto degli enormi sacrifici che il nostro paese ha compiuto nell’ultimo anno.

La scorsa estate, durante gli Europei di calcio, in un momento di grandi tensioni tra peccatori del Sud e virtuosi del Nord Europa una giornalista tedesca condusse, sui giornali tedeschi, una solitaria, quanto apprezzabile battaglia in difesa del Sud. Scriveva Birgit Schönau: Mentre i capi di governo di Spagna e Italia lottavano a Bruxelles per gli aiuti finanziari, le squadre di calcio di Spagna e Italia arrivavano in finale. Qualche volta si potrebbe dire che, in Europa, il calcio è più avanti della politica. Si potrebbe anche ironizzare che in questi paesi arrivati in finale non funziona nulla a parte il calcio. Sarebbe però presuntuoso e superficiale, quantomeno in Italia – concludeva Schönau – dove nell’ultimo anno è cambiato molto. (Pubblicato su Il Quotidiano di Puglia, 2.03.2013)
 twitter @uvillanilubelli

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